«La
notte in cui U.G. conobbe la
Vergine Maria, la vacca
Rosina aveva appena
figliato. E questo probabilmente gli salvò la vita».
Primavera
del 1890. Dopo tante lotte, per Cesare Lombroso è venuto il
momento di godersi la gloria; la
sua Antropologia
Criminale
è una disciplina ufficialmente riconosciuta, nessuno dubita
più del suo metodo scientifico per distinguere con riga e
compasso l’uomo di genio dal delinquente, la donna normale
dalla prostituta, il criminale nato dal pazzo furioso.
A
turbare i sonni dello scienziato ci pensa un ricoverato nel suo
manicomio. Un delinquente nato, talmente pazzo da aver ripudiato
persino il suo stesso nome: si fa chiamare con le iniziali U.G., ed
è un ex carabiniere reale accusato di un’ondata di
osceni crimini, giovani prostitute sventrate e orribilmente mutilate
degli organi interni. L’U.G. non ammette di essere
l’autore dei delitti, ma neppure si proclama innocente: dice
di non ricordare nulla del suo passato e neppure dei suoi crimini, e
passa le sue giornate in manicomio a creare una sconcertante scultura
d’ossa. Ossa di vacca, di donna, di pollo, non
v’è differenza: ogni ossicino viene finemente
scolpito con figurine di grande forza evocativa, che ricordano
l’arte dei selvaggi delle Americhe più che
l’opera di un uomo civile, cesellate e intrecciate tra loro a
guisa di una specie di cesto che contiene il reperto più
raccapricciante: l’osso occipitale di una delle vittime del
mostro. Lo stesso U.G. non sa spiegare il perché di questo
maniacale scalpellare d’ossa, ma giura che è la
Vergine Maria in
persona a ordinargli in sogno di costruire questa folle scultura, che
altro non è che la mappa della sua pazzia.
Quel
che è peggio, U.G. fa comunella con un altro degente, che ha
tentato un orrendo suicidio, come quello di certi guerrieri giapponesi
che per onorare il loro imperatore si aprono la pancia con una spada,
sbudellandosi. Risponde al nome di Salgari Emilio e a seconda
dell’ondivagare della sua pazzia, si crede ora capitano di
mare, ora scrittore. Non riesce più a distinguere tra
verità e sogno, si identifica con un certo Yanez de Gomera e
vive in un mondo che esiste solo nella sua testa. Per essere pazzo,
fantasia ne ha da vendere. Così Lombroso decide di servirsi
della creatività dello scrittore, con un piano ardito: per
cercare di capire la natura della follia di U.G., prima che venga
impiccato per i delitti di cui è accusato, si mette
d’accordo con Salgari e lo lascia fuggire in compagnia del
carabiniere scultore d’ossa. Tanto più che U.G.
è intenzionato a indagare sul suo passato per scoprire se
con la sua esecuzione verrà mandato a morte un pazzo
innocente o un delinquente sano.
I
due si imbarcano in un allucinante discesa nella follia, un viaggio
senza speranza e senza ritorno al quale si aggiungono altri personaggi:
una prostituta inguaiata che risponde al nome di Marianna. Nonostante
sia poco più che un mucchietto di ossa accende una insana
passione nello scrittore. E la celebrata medium Eusapia Paladino, che
affianca la ricerca scientifica di Lombroso con l’arte della
negromanzia, per la prima volta nella storia alleata della psichiatria
forense.
Tutto
andrebbe secondo i piani di Lombroso, se non fosse che gli inspiegabili
delitti riprendono con la fuga di U.G. dal manicomio. E colpiscono
anche la
sorella minore di Marianna, una bambina malata di pellagra, rapita dal
mostro. Un inafferrabile delinquente che, come scoprirà
Lombroso, ha inquietanti conoscenze di chirurgia, si interessa fin
troppo dipellagra e usa
tenere
in vita le sue vittime per diversi giorni, prima di massacrarle. In un
crescendo di orrore e morte, U.G. scoprirà a sue spese che
nemmeno la pazzia potrà salvarlo dal fare i conti col suo
passato. Verrà il momento in cui sarà costretto a
scegliere tra la vita della sorella di Marianna o lasciare riaffiorare
i ricordi atroci che ha seppellito nel profondo del suo cervello.