Misteri all'italiana
Nicolò Menniti Ippolito

Mattino di Padova - Nuova Venezia - Tribuna di Treviso

Due anomali giallisti: Genna e Masali
E se un giorno, non lontano, a Milano esplodesse il palazzo di Giustizia? E se qualcosa di analogo, o forse più feroce, dell'11 settembre accadesse anche in Italia? E se, addirittura, qualcuno pensasse ad una esplosione di scorie nucleari per gettare nel panico una nazione?
L'ipotesi è più paranoica che fantascientifica o fantapolitica, e proprio per questo diventa letteralmente produttiva, come dimostra Grande Madre Rossa di Giuseppe Genna.
Genna è solo in parte uno scrittore di genere, e soprattutto non è un giallista come Lucarelli o Carlotto. Il suo punto di riferimento, specialmente in questo libro, è l'ossessione paranoica di James Ellroy, quel suo vedere dietro ogni caso un gigantesco complotto, da cui nessuno ed in nessun modo si può salvare. Ed allora, ecco, in Grande Madre Rossa, i servizi segreti di mezzo mondo, un'associazione terroristica che eprvade ogni ganglio della vita italiana, un pericolo mortale e incombente che niente può evitare. Ed in questo senso Giuseppe Genna va oltre il genere, accettando un finale tutt'altro che consolatorio, rifiutando l'idea della salvezza all'ultimo minuto, evidenziando nella sua scrittura un nichilismo a tratti feroce.
Non per nulla il suo investigatore, Guido Lopez, protagonista anche di Catrame, Nel nome di Ishmael, Non toccare la pelle del drago è un po' oltre la disillusione di Marlowe e dei suoi tanti figli, è piuttosto sull'orlo del baratro e destinato a caderci dentro.
I libri di Genna, come la sua scrittura, hanno un che di arrogante, fastidioso, anche di ideologicamente ambiguo, come del resto quelli di Ellroy, ma da questo ricevono forza, basti leggere la prima dirompente descrizione di una Milano polverosa e sbiancata dall'esplosione, in cui il ricordo delle immagini delle torri gemelle si unisce a una sorta di astio verso la città che trasforma il realismo in immagini fortemente espressioniste. E tuttavia il ibro di Genna dimostra anche come ormai gli scrittori italiani maneggino i generi con la stessa consapevolezza degli scrittori anglosassoni, e come quindi la mutazione genetica della tradizione letteraria italiana sia ormai avvenuta, rendendola molto più omogenea, nel bene e nel male, a quella del resto del mondo occidentale.

Un altro esempio è L'inglesina in soffitta (Sironi) di Luca Masali, che del resto è amico sodale di Giuseppe Genna. Masali batte con disinvoltura la strada dello spionaggio, unendola ad una tradizione molto italiana, che è quella della letteratura di lago, in questo caso del lago di Como. Come nei libri di Piero Chiara ci sono i personaggi curiosi, i bizzarri tipi locali, brandelli di dialetto, ma dietro vi è una fantasiosa storia di spionaggio, anche questa con una venatura paranoica.
Masali ambienta tutto nel 1938, anche se con qualche pesante allusione all'oggi, e rilegge in modo originale la scomparsa di Majorana, il collega di Fermi misteriosamente scomparso durante una traversata tra Palermo e Napoli. Intorno al fisico e ai suoi studi, che conterrebbero dati essenziali per arrivare alla bomba atomica, si scatena una caccia che coinvolge servizi segreti americani, inglesi oltre ovviamente ai fascisti. Il tono del libro è bizzarro, i personaggi sono molto caricati, e sembrano in parte venire dai fumetti, ma questa capacità di contaminazione non altera una spy-story che si rivela comunque capace di durezza e cattiveria, in aperto e virtuoso contrasto con la bonomia dei personaggi principali.

 

 

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