Valerio Evangelistii LA PERLA ALLA FINE
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E’ curioso il modo di funzionare di una grossa casa editrice, peraltro carica di meritati allori, come la Mondadori. Ogni tanto si stufa dei grossi calibri che garantiscono grosse cifre, tipo Luciano De Crescenzo, Bruno Vespa, Enzo Biagi e simili, e si mette alla ricerca di giovani autori di qualità. Vara collane apposite, oppure sceglie di promuovere e lanciare qualche potenziale “emergente” costruito a tavolino. Non conosco i bilanci finali, ma temo che gli insuccessi pareggino o superino le riuscite.
Eppure la Mondadori ha un suo settore, perennemente negletto e minacciato di chiusura, in cui le scoperte vere e solide abbondano. E’ quello chiamato, di volta in volta, dei “libri periodici”, dei “libri economici”, oppure semplicemente l’ “edicola”. Ritenuto poco qualificante, deve la propria vita al genio e alle invenzioni di Stefano Magagnoli, il dirigente che gli ha dato la forma e la vitalità attuali. Eppure resta un settore negletto, all’interno del castello di Segrate.
Se gli scopritori di talenti mondadoriani si fossero degnati di gettare uno sguardo alla loro annosa collana di Gialli, avrebbero scoperto che forse uno dei “giovani autori promettenti” di cui erano alla ricerca lo avevano sottomano. Attenti al gorilla, di Sandrone Dazieri, è stato uno dei casi letterari dell’anno scorso. Merito di una recensione di Angelo Guglielmi, cui il libro era stato consigliato da Nanni Balestrini. Merito di un altro dirigente Mondadori, Massimo Turchetta (oggi passato alla Feltrinelli), che ha saputo recepire l’indicazione. Sta di fatto che il romanzo è apparso nei Gialli Mondadori, dunque destinato, nelle intenzioni, a “vivere solo un giorno (nel nostro caso, un mese in edicola) come le rose”. Per fortuna ne è imminente la ristampa.
Ma ulteriori esplorazioni dell’enfer dei libri periodici riserverebbero ai talent scouts altre sorprese. Segnalo al volo un altro Giallo, Catrame di Giuseppe Genna, che qualche fortunato può trovare ancora in edicola. E mi soffermo su un caso davvero clamoroso di trascuratezza verso un tesoro nascosto nella propria cantina. Mi riferisco a Luca Masali, uno dei più brillanti giovani scrittori che la Mondadori avrebbe oggi in catalogo… se in catalogo figurasse davvero. Invece non c’è, perché fa narrativa di genere (fantascienza), scrive “libri periodici” e dunque non ha valore di mercato. Se la Mondadori non appartenesse a Berlusconi, direi che si attiene a criteri letterari zdanoviani.
Chi è Luca Masali? In gioventù archeologo, dentista di mummie, titolare su Radio Black Out di Torino di un bollettino sui paesi dell’Est, in apparenza serio ma fatto di notizie completamente inventate. Oggi redattore di una prestigiosa rivista di informatica. Nel 1995 vince il Premio Urania, indetto dall’omonima rivista di fantascienza, con il romanzo I biplani di D’Annunzio. Una trama avvincente e ben congegnata, piena di riferimenti all’attualità (la guerra in Bosnia) e di incursioni documentatissime nella storia. Il romanzo sta in edicola e in libreria (Urania Mondatori era a quel tempo diffusa anche in libreria) per un mese, e vende 35.000 copie. Trentacinquemila copie in un mese! Pochissimi tra i presunti bestsellers in vetta alle classifiche pubblicate dai quotidiani possono vantare cifre analoghe.
Ma Masali non entra affatto nelle classifiche. Urania è registrata come periodico, non come collana di romanzi. Chi scrive in una collezione del genere ha uno status letterario pari alle intercambiabili autrici degli Harmony. In fondo, Masali non esiste nemmeno. Poco importa che il suo romanzo venga subito acquistato all’estero per essere tradotto in collezioni prestigiose. Poco importa che le recensioni uscite oscillino tra il favorevole e l’entusiastico. Masali non esiste, soprattutto per il suo editore.
Ecco perché il suo secondo romanzo, questo La perla alla fine del mondo, esce ancora una volta in un’edizione precaria: un Urania sì speciale, in quanto un poco più grande del normale, ma destinato anch’esso all’esistenza effimera nelle edicole, senza nemmeno più la compresenza in libreria. Chi vorrà procurarsi un’edizione decente dovrà cercare quella in brossura dell’editore parigino Payot. Da noi, solo edicola e bancarella, o magari la successiva svendita negli autogrill in confezioni di plastica, con tre romanzi al prezzo di uno.
Eppure Masali è un signor narratore, tra i migliori in circolazione; e questa sua seconda prova emenda perfino i difetti, peraltro marginali, della prima. La trama, tanto avvincente da lasciare senza fiato, ma anche estremamente serrata, prende le mosse, negli anni Venti, da una scommessa al casinò di Montecarlo tra i magnati dell’auto Citroën e Renault. Ne segue una spedizione nel deserto del Sahara, tra legionari, avventurieri e danzatrici del ventre, ricca di echi da Loti, Benoît e MacOrlan; solo che l’impresa sconfina nella caccia a una perla mostruosa capace di evocare una divinità multiforme e, con essa, mutare i destini del mondo. Perla ambita e venerata da chi prepara l’avvento, in un futuro a noi prossimo, di un impero islamico, e vuole forgiare la storia a quel fine.
Ridotta ai minimi termini, la trama può far pensare a una divertente sarabanda fine a se stessa. Non lo è per nulla. Anzitutto perché non solo lo scenario storico, ma anche quello teologico delle varie sette coraniche, o quello tecnologico degli autoveicoli del primo dopoguerra, sono descritti con una puntigliosità che impressiona. Poi perché Masali adotta lo stile a lui congeniale della commedia, affidata a dialoghi di rutilante effervescenza, per affrontare tematiche complesse e talora drammatiche: nel nostro caso, la difficoltà di una comprensione reciproca tra mondo occidentale e mondo islamico, dopo i guasti provocati dal colonialismo.
Insomma, un vero pezzo di
bravura, che pochissimi nostri scrittori sarebbero stati capaci di affrontare
con tanta disinvoltura e levità di penna. Masali è uno dei più abili narratori
italiani oggi in circolazione. Mi auguro che anche il suo editore finisca per
accorgersene.
Il Premio Urania è il più importante premio italiano dedicato alla narrativa fantascientifica. Consiste nella pubblicazione del romanzo vincitore nella famosa collana mondadoriana, un tempo chiusa agli autori nostrani. Della giuria fanno oggi parte Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Riccardo Valla, Marzio Tosello e Valerio Evangelisti. Il vincitore pubblicato più di recente è stato Franco Ricciardiello, con il romanzo Ai margini del caos: un testo raffinato e rarefatto fondato sulle ipotesi della teoria del caos, già acquistato dalla casa editrice francese Flammarion. Il vincitore dell’anno in corso è stato il genovese Claudio Asciuti.
Le edizioni Payot hanno acquistato La perla alla fine del mondo addirittura in forma dattiloscritta. Ciò dimostra l’attenzione dell’editore per la nuova fantascienza italiana, a cui ha dedicato di recente una sontuosa antologia: Fragments d’un miroir brisé. Nella stessa collana usciranno presto i romanzi di Nicoletta Vallorani apparsi in Italia coi titoli Il cuore finto di DR e Dream Box.
Il quotidiano “Le Monde” ha dedicato alla nostra narrativa fantascientifica ormai parecchi articoli ampiamente elogiativi, e ha definito I biplani di D’Annunzio uno dei migliori romanzi stranieri tradotti in francese nel corso del 1999.
A volte, in Italia, si ha l’impressione di vivere in una provincia in cui la rivalutazione mondiale della narrativa di genere non sia stata notata dai critici, rimasti prigionieri dei loro caffè polverosi e dei tristi cerimoniali dei loro premi letterari