Arrivano i mostri… verdi
di Gianfranco Raffaelli
Arrivano
i mostri. Ma, con grande sorpresa, si scopre che sono "verdi" nell’animo più che
nella carnagione, che buttano le cartacce nel cestino e magari si spostano a
piedi o tutt’al più con astronavi alimentate dall’energia solare. Eccola la fs
verde italiana, la nuova ondata della fantascienza letteraria nostrana che, dopo
una lunga sudditanza nei confronti dei maestri di lingua inglese, inizia a
vendere, a viaggiare all’estero e ha deciso di occuparsi anche di ecologia.
Si tratta
senza dubbio di una rivincita storica per un Paese che ha sempre consumato
quintali di astronavi e viaggi nel futuro solo e rigorosamente d’importazione. E
anche un bel segnale per l’ambientalismo: il fiorire di questo nuovo filone tra
gli scaffali delle librerie della penisola testimonia che i temi "eco" sono
evasi dal recinto dei militanti e degli addetti ai lavori per farsi immaginario
comune e, in molteplici forme, cultura. Con qualche rischio però. La nuova
stagione della fs, la fantascienza al ragù, ha una data di nascita: il 2 ottobre
1994. Su Urania, il periodico della Mondadori, esce Nicholas Eymerich,
inquisitore, prima fortunata pubblicazione dell’indiscusso caposcuola della
nuova ondata, il bolognese Valerio
Evangelisti. E chi meglio di lui può analizzare questo connubio
fs-ecologia. «Negli anni Settanta - dice Evangelisti - furoreggiavano la
fantascienza classica americana e la fantascienza sociologica, che lanciava
grida d’allarme sul futuro del pianeta. Un genere militante e un po’ retorico,
che si occupava d’ambiente per disegnare scenari tetri e bui futuri. E
l’ambiente ha sempre fornito sfondi, spunti, ispirazioni: chiunque fa fs si
sente in dovere di lanciare denunce apocalittiche. Così però si corre il rischio
di fare letteratura di genere.
E anche fuori
dalle pagine di un libro un ambientalismo di questo tipo diventa un vuoto luogo
comune. Ma ci sono anche soluzioni interessanti.
Alcune saghe
di altri mondi - come il ciclo di Dune di Herbert - disegnano nei particolari
pianeti nuovi con i loro problemi, creando di fatto un’ecologia alternativa.
Interessante. In Italia c’è la Vallorani che si trova a suo agio in questo
campo».
La palla,
dunque a Nicoletta Vallorani,
giovane milanese che ha prodotto molto cyberpunk (ma non solo) pubblicando su
Urania e innumerevoli altre riviste. «L’ambiente nei miei scritti è diventato
centrale a mia insaputa - spiega la Vallorani - Mi interessava il tema della
qualità della vita, l’ambiente umano. Ho immaginato pianeti alieni in cui le
condizioni ambientali influenzavano nuovi modelli sociali, economici, familiari.
Ma questi miei mondi mentali non vogliono imporre nessun modello, non vogliono
insegnare, come ha fatto a lungo una fantascienza utopista e ideologizzata.
Piuttosto
propongono un dibattito, suggestioni. Dopo aver creduto a lungo che la scienza
potesse dirci chi siamo e dove andiamo mi sembra che oggi si ripieghi sull’idea
del "mah, vediamo come va a finire". Concetto minimalista certo, però più
concreto e più vicino ai problemi quotidiani: la sporcizia e la violenza nella
città, i cambiamenti nei rapporti familiari...».
Un
sorprendente approccio "minimalista" all’ecologia - in questo caso al tema della
biodiversità in campo alimentare -
arriva dalla "gastronomia galattica" dello scrittore-gourmet romano Massimo Mongai, premio Urania ‘96 con
Memorie di un cuoco d’astronave. La storia (intervallata da ricette e consigli
gastronomici) è quella di un giovane cuoco terrestre che in un lungo volo
interstellare salva e redime se stesso, i compagni e il Cosmo intero facendo
leva sulla Gola come forza costante di tutte le galassie. «La buona fs parla del
presente - osserva Mongai - Si
sofferma su situazioni che si evolvono davanti ai nostri occhi, su emozioni
diffuse. E le interpreta in una chiave narrativa, forse ingenua, sicuramente
coinvolgente. Le belle storie, alla fine, fanno pensare. Le Memorie parlano di
cose che interessavano a me e tanti come me. La buona cucina, la cultura
gastronomica. Al di là degli allarmi sul transgenico, al di là della lotta sulle
piante in estinzione e di scelte radicali come il vegetarianismo (nel libro
l’unica regola è "vietato mangiare esseri senzienti intelligenti") la gente si
interessa di certi temi solo se toccano il quotidiano. Negli anni Sessanta la fs
dipingeva la terra desertificata o cotta dalle radiazioni. Io immagino un
viaggio per salvare l’Universo dalla perdita dei gusto e dei sapori. Porto nello
spazio le battaglie di Slow-food (una realtà con la quale collaboro fra l’altro
da tempo). Una fantascienza "verista" che espleta una delle sue funzioni base:
interpretare una piccola, grande paura diffusa».
Luca Masali, laureato in scienze della
terra, è invece il padre di una "storia alternativa" di inizio secolo che si
sofferma sulla preistoria dell’aviazione (I Biplani di D’Annunzio, edito nel
1996 da Urania, è il suo libro più famoso). In un racconto apparso
nell’antologia I denti del mostro sono perfetti (Urania 1322) tratteggia in
maniera particolareggiata l’emergenza effetto-serra. Appartiene al filone
scientifico. «Per parlare del buco nell’ozono ho usato dati dell’archivio Nasa -
ricorda Luca Masali - E’ un fenomeno che ormai è entrato nell’immaginario
popolare, un fantasma moderno che ha sostituito la bomba H e di cui la fs non
poteva non accorgersi. La storia è ambientata negli anni ‘20 perché volevo avere
un approccio meno disilluso e più sentito verso la scienza, finestra sulla
natura in tutte le sue manifestazioni. Insomma desideravo tornare in un’epoca in
cui l’uomo è ancora esploratore. In generale direi che, a causa del potere
appiattente dei media e dell’avvento della New Age, l’ecologia sta subendo un
processo proprio di molte altre scienze: quello della banalizzazione, del
procedere a forza di suggestione e di sentito dire. Dovrebbe tornare al reale».
Chissà, anche a colpi di dischi volanti…