30 Luglio 1999 |
- DANIELE BARBIERI -
S e André Citroën (proprio lui, quello dell'auto) fosse finito nel Sahara per scommessa, magari scoprendo che gli antichi Greci erano arrivati fin lì e che Alessandro Magno aveva vinto la sua lotta contro i Demoni... Se esistesse un animale che sta morendo da migliaia di anni, oscuramente legato ai due mitici fiumi della smemoratezza e della vita eterna... Se l'essere buoni conoscitori delle Sure del Corano potesse evitare una disastrosa guerra fra Islam e Occidente... Se queste improbabili ipotesi si combinassero vorrebbe dire che siete caduti dentro La perla alla fine del mondo (Urania, L. . 7.000) luccicante secondo romanzo del giovane Luca Masali.
Le trame s'annodano fra il 1924 e il futuro remoto. Oltre a misteri da svelare, agguati da evitare, mondi da salvare (le donne qui si salvano da sole, un indubbio passo avanti sull'800 letterario) il principale condimento che il tour-leader Masali vi offre sarà la sabbia fra i denti, il puzzo delle "Citroën B2", e una grande storia, scandita da un continuo movimento. Storia che è tanto piaciuta ai francesi (eppure André Citroën fa pessime figure, dunque non si tratta di sciovinismo) da spingerli a pubblicarla contemporaneamente a noi, inaugurando così una serie di scambi all'interno della giovane fantascienza europea.
Come nella prova d'esordio - I biplani di D'Annunzio - ma stavolta con maggiore ritmo e senso della trama, l'autore ci porta in complessi incroci temporali, alla maniera dell'Eymerich di Valerio Evangelisti, dando nuova linfa al filone delle esplorazioni impossibili eppur credibili. Realistico salvarsi con una miscela di banane almeno quanto miscelare in cocktail due essenze apparentemente inconciliabili come Gin e Pernod (nota per etilisti: si chiama Grande Corniche). Del tutto plausibile che gli occidentali ignoranti non sappiamo il significato della Taqiyya (cioè dissimulazione) araba o che assaggiando per caso il succo di un papavero cinese pensino che potrebbe tramutarsi in grosso affare (già fatto!). I personaggi, le avventure, le trovate sono tutte di Masali che ha solo rubato il vero Citroën alla realtà storica e la saggezza delle Sure a buone letture, confortate dal parere di alcuni Imam che operano in Italia. Sempre con un occhio a Verne, all'Atlantide di Benoît e altri classici che si giovano assai di un lifting quantistico (inteso come fisica), di un pizzico di erotismo, di una conoscenza più che discreta del mondo arabo come delle malefatte targate Legione Straniera. Così, un po' come capita a Philip Dick e ad altri pochi, dietro la vicenda piena d'azione c'è almeno un secondo livello di lettura che, rubando la frase a un protagonista, potremmo definire "sull'ermeneutica della molteplicità dei sensi del Corano". Benvenuto dunque a Masali in quel difficile (a scrivere) quanto piacevole (a leggersi) territorio dove la letteratura di genere s'incrocia con suggestioni che aiutano a riconciliarsi con la complessità delle culture.