La
rete sulla via di Allah
Dopo i tragici fatti dell’11 settembre, le pagine del mio sito
(www.masali.com) sono state letteralmente prese d’assalto. Da poche decine alla settimana le visite sono diventate centinaia, poi migliaia al giorno. Un rapido controllo ai log file è bastato a svelare l’arcano: a essere scaricata era una pagina sola, e precisamente una
“bibliografia islamica” senza pretese, che avevo preparato come approfondimento per i lettori del mio romanzo
“La perla alla fine del mondo” (Mondadori, 1999 – collana Urania). È stata questa dimostrazione di interesse da parte dei navigatori che mi ha fatto accogliere con entusiasmo la proposta di
Internet News di presentare un percorso ragionato sulle risorse della Rete dedicate
all’islàm, dal momento che la cultura dei nostri vicini dell’altra sponda del Mediterraneo è di solito un’illustre sconosciuta, che viene avvicinata solo quando succede qualcosa di spaventoso. Non pretendo certo di far giustizia della ricchezza culturale altrui attraverso un racconto o un articolo, ma ho cercato nei limiti del possibile di offrire al lettore la visione
dell’islàm come un mondo certamente alieno, ma anche interessante e degno della massima considerazione.
Maometto e il Corano
In verità lo abbiamo fatto scendere in chiara lingua araba, affinché possiate comprendere (Il Sacro Corano, sura di Yûsuf,
XII:2)
I musulmani credono in un unico Dio, negli angeli da lui creati, nei profeti che hanno portato la sua parola all’umanità; nel Giorno del Giudizio, in cui ognuno verrà giudicato per le sue azioni e nella completa autorità di Dio sui destini degli uomini e nella vita dopo la morte.
Nella fede islamica, il disegno divino è stato rivelato all’umanità da una lunga catena di profeti, che comincia con Adamo, il primo uomo, e continua con Noè, Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Job, Mosé, Aronne, Davide, Re Salomone, Elia, Giona, Giovanni Battista e Gesù Cristo. Il sigillo dei profeti è Mohammed (Maometto), nato alla Mecca intorno al 570, che ricevette la rivelazione di Dio, attraverso l’Arcangelo Gabriele, mentre era in meditazione in una grotta del monte Hira. Per sapere di più sulla vita di Maometto, in italiano c’è poco, come una scarna paginetta all’indirizzo
http://utenti.tripod.it/naventur/storia2.htm
mentre in inglese c’è ben di più, per esempio all’indirizzo
http://www.usc.edu/dept/MSA/fundamentals/prophet/
Durante la vita di Maometto non c’era bisogno di creare una copia ufficiale dell’intero testo del Corano, perché lo stesso profeta e i suoi primi compagni lo conoscevano a memoria e venivano considerati “copie viventi del Libro”. In proposito, va ricordato che contrariamente a quanto talvolta si sente dire Maometto non ha scritto il corano, anche perché era analfabeta, come la stragrande maggioranza dei suoi contemporanei. A “rivelarlo” è lo stesso Allàh, naturalmente nel Corano, quando definisce i musulmani
“coloro che seguono il Messaggero, il Profeta illetterato” (7:157) e più avanti esorta:
“Credete in Allàh e nel Suo Messaggero, il Profeta illetterato che crede in Allàh e nelle Sue parole. Seguitelo, affinché possiate essere sulla retta
via” (7:158).
Solo alla morte di Maometto e soprattutto dopo la battaglia di
Al-Yamamah, dove caddero settanta “Huffaz”, cioè “Corani viventi”, si sentì la necessità di organizzare e preservare la rivelazione divina. Il Libro è dunque la registrazione scritta delle esatte parole rivelate da Dio. Non una sola parola dei 114 capitoli (Sura) che lo compongono è stata cambiata dall’epoca della prima stesura. Riportando fedelmente la parola di Dio, scritta “in chiara lingua araba”, il Corano ha valore e dignità di testo sacro solo quando è scritto o recitato in arabo. Ciò non toglie che ne esistano delle traduzioni; in italiano può essere letta online all’indirizzo
http://www.corano.it/corano.html
revisionata sotto il profilo dottrinale dall’ UCOII, l’Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia
http://www.islam-ucoii.it/
Per ascoltare il Corano recitato in arabo non c’è che l’imbarazzo della scelta. Un ottimo sito, sia in formato MP3 sia in Real Audio è
http://www.islamway.com/eng/html/erecitorslist.php
Oltre al Corano, la seconda importantissima fonte della dottrina sono gli Hadit, cioè la tradizione profetica e i detti di Maometto. In inglese sono online all’indirizzo
http://hadith.al-islam.com/Bayan/
mentre in italiano sono disponibili solo in volume, per esempio nell’edizione Rusconi dal titolo Maometto – Breviario.
Per saperne di più sulla storia dell’islàm antico, in italiano consiglio le pagine di
http://www.muslimhistory.00it.com/INitaliano/indexIT.htm
La Grotta
dell'Illuminazione, sul Monte Hira, dove Maometto ricevette il Corano
dall'Arcangelo Gabriele
L’islàm
Il termine “islàm” significa letteralmente “sottomissione (ad Allàh)”. Di conseguenza, muslim (musulmano) è colui che è sottomesso ad Allàh e pratica
l'islàm seguendo un codice di vita che si fonda su poche regole essenziali: i cosiddetti Cinque Pilastri.
In una tradizionale raccolta dell' Imàm Al-Bukhàri e dall' Imàm Mùslim, si narra che il Profeta disse:
"Si fonda l'islàm sopra cinque (pilastri)
- La testimonianza che non c'è divinità tranne Allàh e che Muhammad è l'Apostolo di Allàh
(Shahada)
- Le cinque preghiere quotidiane (Salah)
- il pagamento della imposta coranica (Zakah)
- Il digiuno del mese di Ramadàn (Sawn)
- Il pellegrinaggio alla Ka’ba (Mecca), obbligatorio per chi può farlo
(Hajj)”.
I Cinque pilastri dell'islàm costituiscono la liturgia fondamentale della religiosità musulmana. La loro base è nel Corano, mentre i dettagli pratici sono nell'insegnamento orale del Profeta e nella sua Sunna, che significa "pratica di vita". Una approfondita discussione sulla Sunna e le sue implicazioni, in inglese, è curata dall’ottimo portale
http://islamicity.com all’Url
http://islamicity.com/mosque/sunnah/
Mentre in italiano ci si dovrà accontentare di una sommaria spiegazione sul significato dei cinque pilastri, per esempio all’indirizzo
http://www.arab.it/pilastri.html
L’Islàm è un fenomeno culturale complesso e non può essere liquidato con pochi cenni. Per un serio approfondimento si possono leggere online interi libri, anche in italiano. Consiglierei per cominciare
“Possiamo vivere con
l'islàm? - il confronto fra la religione islamica e le civilizzazioni laiche e
cristiane”
di Jacques Neirynck e Tariq Ramadan. Il primo è insegnante, ricercatore, giornalista e scrittore. È autore di diversi libri, tra cui “Le Manuscrit du Saint Sépulcre” e si è particolarmente interessato alle problematiche relative alla fede e alla cultura cristiana. Il secondo insegna filosofia in un liceo di Ginevra e islamologia all’Università di Friburgo.
A chi invece vuole “toccare con mano” l’integralismo visto dall’interno consiglierei il sinistro
"Conoscere
l'islàm" di Abul A’la Maududi,
Non è un testo obiettivo, basti pensare che inizia la trattazione della shari'ah (la legge coranica, quella applicata per esempio dai talebani o dagli Ayatollah iraniani) con le parole “Ci proponiamo di intraprendere un sommario studio dei principi della shari'ah al fine di completare il nostro quadro
dell'islàm e di poter mettere il lettore in grado di apprezzare la superiorità del modo di vita islamico”. A proposito di “civiltà superiori” mi sembra di sentire l’eco di recenti polemiche di casa nostra, ma questa è un’altra storia. Abul A’la, nato a Aurangabad in India e morto nel 1976 era aperto e tollerante come l’Ayatollah Komeini: schieratosi contro l’occupazione inglese, propugnò la teoria “dei due stati”, fornendo la base dottrinale alle rivendicazioni per quello Stato islamico indipendente che sarebbe stato il Pakistan. Che in seguito criticò aspramente per non essere stato capace, a suo dire, di diventare una teocrazia islamica vera e propria.
La
Pietra Nera della Ka'ba, dimora di Allah sulla terra
Movimenti integralisti e guerra santa
Non sarebbe neanche il caso di dirlo, tanto è ovvio che la stragrande maggioranza dei musulmani non sono né integralisti né tantomeno terroristi, come ricorda il portale
“islam denounces
terrorism”
e si dilunga nell’attaccare, su basi dottrinali, il ricorso alla violenza. Va però detto che si tratta di un sito molto ambiguo, che arriva a cercare le radici del terrorismo nel darwinismo, che accusa persino di aver preparato il terreno per la prima guerra mondiale e il fascismo. Se un sito nato per denunciare la violenza sa essere intollerante, figuriamoci le risorse più estreme. A proposito, potrà sembrare strano, ma i Talebani hanno, anzi avevano, un sito Internet ufficiale all’indirizzo
www.taleban.com
Ora il server è “temporarily unavailable”, e penso che lo resterà per molto se non per sempre. Non so se qualcuno abbia voluto togliere agli “studenti di Dio” la possibilità di far sentire le loro ragioni, o se sono stati i talebani stessi a staccare la spina al loro server, ma propenderei per la prima ipotesi, suffragata dal fatto che anche
il sito ufficiale del governo dello Stato Islamico dell’Afghanistan
è stato hackerato e costretto a chiudere (tra l’altro, nel luglio scorso il governo dei talebani ha proibito l’uso di Internet in Afghanistan, perché “L’islàm non deve subire influenze negative”). Resta il fatto che le risorse ancora in linea sono per lo più americane e inglesi. Da segnalare lo speciale della BBC
“Who are the
taleban” (chi sono i talebani) e quello della CNN, imperniato sul regime
e il suo braccio di ferro con le Nazioni Unite.
Dal punto di vista islamico moderato va segnalato l’equilibrato “Understanding the Taliban Is a Crucial
Task” (È cruciale capire i talebani) messo online dall’associazione
“musulmani americani per la pace e la giustizia
globale” all’indirizzo
In italiano c’è poco; segnalo due pagine del mensile di Mani Tese, organismo non governativo di cooperazione allo sviluppo
http://www.manitese.it/mensile/200/afghan.htm
e
http://www.manitese.it/mensile/1199/afgha.htm
Se il sito dei talebani è sparito dalla rete, altri gruppi fondamentalisti sono ancora presenti, come il Fis (Front Islàmique du
Salut, Fronte islamico di salvezza) algerino. Giova ricordare che i terroristi del Gia (Gruppo islamico armato) hanno cominciato la guerra civile nel Paese nordafricano nel ’92, quando il governo ha invalidato le elezioni dopo la vittoria dei fondamentalisti del
Fis.
Quando si parla di integralismo, di solito si fa riferimento alla
Jihad, troppo spesso ambiguamente tradotta con “guerra santa”. Letteralmente, in arabo
"Jihad" significa "sforzo", "impegno" e deriva dal verbo
"jahada" ("sforzarsi"). È una parola comune, usata anche fuori dal contesto religioso. In particolare, Il
"Jihad fi sabili-llah" è lo sforzo, l'impegno sulla Via di Allah. Nulla di più diverso dal concetto di guerra, anche se il Corano ha qualche versetto controverso, come il famoso
"...-Combatteteli finché non ci sia più persecuzione e il culto sia (reso solo) ad Allah. Se desistono non ci sia ostilità a parte contro coloro che
prevaricano...” (Corano al-Baqara 2,193). Una interessante dissertazione sulla
Jihad, in italiano, si trova a http://www.islamitalia.it/islam/jihad.html. Il server è dunque
www.islamitalia.it, ma il nome completo del sito è “Islam Jihad Italia”. Per completezza di cronaca, va detto che il sito è stato accusato dal Corriere della Sera di “inneggiare alla guerra santa” e “all’esempio dei kamikaze”. Personalmente, dopo aver studiato le pagine curate dal webmaster Ali Matteo
Scalabrin, che si definisce “italiano convertito all’islàm”, sono convinto che ci sia stato un malinteso, forse dovuto a un link esterno decisamente inopportuno e prontamente rimosso. Il link puntava alle pagine di un sito
ceceno, anche tradotto in italiano, che in effetti fa indegna apologia del terrorismo internazionale.
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